I cambiamenti climatici e le fonti energetiche “verdi”

Gli scienziati che in Italia studiano come raggiungere l’autosufficienza di energia verde suggeriscono, in modo ormai quasi unanime, di prendere nuovamente in considerazione l’energia nucleare

Negli ultimi decenni si sono verificati sul nostro pianeta dei repentini e significativi cambiamenti del clima, dovuti in massima parte ai gas serra prodotti dall’anidride carbonica immessa nell’atmosfera. Ogni giorno assistiamo impotenti, in diverse zone della Terra, ai terribili e tragici effetti di queste mutate situazioni ambientali generate dal continuo incremento del fabbisogno di energia. Questa enorme quantità di energia, oggi, è prodotta utilizzando combustibili fossili quali: carbone, petrolio, gas naturale. La soluzione che dovrà porre fine a questa condizione, che potrebbe minacciare il futuro dei nostri figli, si basa su un drastico e immediato piano di decarbonizzazione. L’obiettivo da raggiungere sarà quello di incrementare la produzione di energia “pulita” dal 21% al 55%.

L’Unione Europea e il nostro Paese, preso atto di questi ricorrenti eventi drammatici (ricordo le recenti alluvioni in Emilia-Romagna), si sono posti come categorico obiettivo quello di raggiungere la «neutralità climatica» (ridurre in modo drastico e permanete, l’immissione nell’aria di CO2) entro il 2050. Per darvi una idea delle dimensioni del problema da risolvere: oggi in Italia il 60% dell’energia necessaria è prodotto utilizzando i combustibili fossili, mentre il 40% viene generato ricorrendo ad impianti fotovoltaici, eolici, idroelettrici oppure con l’impiego delle biomasse. Ma dobbiamo anche considerare che già oggi il fabbisogno di energia “verde” non è sufficiente e nei prossimi anni aumenterà in modo considerevole, basti pensare all’energia necessaria per alimentare i veicoli a propulsione elettrica (automobili) o, in futuro, ad idrogeno (camion). Saremo pertanto obbligati ad incrementare in modo considerevole gli impianti fotovoltaici ed eolici.

Gli scienziati (tra questi il professor Giuseppe Zollino, docente all’Università di Padova, dai cui studi ho ricavato i dati per questo articolo) che si applicano quotidianamente alle stime dei prossimi fabbisogni energetici hanno rilevato alcuni fattori che rendono impossibile la totale transizione dall’energia fossile a quella “pulita” utilizzando solo le principali fonti alternative di cui sopra. Le limitazioni rilevate sono: la quantità di energia richiesta provocherebbe degli enormi impatti sul territorio infatti per installare tutti gli impianti fotovoltaici necessari bisognerebbe occupare un’area totale di circa 8-9mila chilometri quadrati, pari alla totale area della regione Umbria; analogamente, sempre parlando dell’impatto sul suolo italiano, l’installazione delle pale eoliche richiederebbe un’area di circa 7,5mila chilometri quadrati, pari alla totale area del Friuli Venezia Giulia.

La seconda limitazione (ovviamente si parla sempre di grandi fabbisogni necessari a  livello nazionale) è costituita da altri due importanti fattori: per quanto concerne gli impianti fotovoltaici questi producono energia solo durante il giorno e sono discontinui a causa delle alternanze delle stagioni, durante le quali l’irraggiamento solare cambia in modo considerevole passando dall’estate all’inverno: questo significa che nel periodo estivo, quando il fabbisogno energetico diminuisce, si avrebbe un surplus di energia comunque non utilizzabile nel breve periodo, al contrario in inverno, quando il fabbisogno energetico aumenta per i riscaldamenti accesi, l’energia prodotta non sarebbe sufficiente. Quanto sopra non esclude certo il proseguire nell’installazione di piccoli impianti per uso civile o per piccole e medie industrie.

Gli impianti eolici sono invece condizionati e limitati dalla ventosità che in Italia ha andamenti alterni e poco significativi soprattutto se paragonati alle Nazioni del Nord Europa che fanno ricorso e utilizzo di energia eolica prodotta dai forti venti che soffiano in continuazione tutto l’anno. Non dimentichiamo inoltre gli alti costi di installazione e manutenzione conseguenti ad un così esteso numero di impianti.

In forza delle considerazioni di cui sopra gli scienziati che in Italia studiano come raggiungere l’autosufficienza di energia verde suggeriscono, in modo ormai quasi unanime, di prendere nuovamente in considerazione l’energia nucleare. In Italia negli anni Sessanta tutti i progetti di costruzione di centrali nucleari erano stati abbandonati per questioni politiche che avevano privilegiato l’utilizzo dei soli combustibili fossili. Successivamente negli anni Settanta, Ottanta e Novanta, mentre Francia, Inghilterra, Germania e Giappone progettavano e costruivano nuove centrali di potenza, da noi, comprensibilmente terrorizzati dai due incidenti occorsi in Ucraina nella centrale di Chernobyl e in Giappone a Fukushima, il referendum indetto dal Governo per porre agli Italiani il quesito se dare inizio all’utilizzo di energia nucleare diede come risultato: NO.

Oggi dopo circa trent’anni di studi ed evoluzioni tecnologiche, il Centro Comune di Ricerca della Commissione Europea ha prodotto un recente rapporto dove ha stabilito, in base ai dati raccolti, che l’energia nucleare ha un bassissimo impatto ambientale ed è sostanzialmente priva di rischi significativi.

Ultimamente è nata la «Alleanza per il Nucleare»; è un ente europeo che consorzia e coordina, in dodici Paesi membri UE, la progettazione e la costruzione di reattori nucleari di piccola taglia di nuova concezione, chiamati reattori di “quarta generazione” estremamente sicuri con un minimo impatto sul suolo. Sono reattori «a fissione nucleare» che ben presto consentiranno di aumentare i livelli di efficienza, minimizzare i livelli delle scorie prodotte, ridurre i costi finanziari e di gestione e i tempi di costruzione (sette anni circa), aumentare la sicurezza in caso di gravi incidenti. In Italia sette centrali di questo tipo occuperebbero ognuna soltanto due chilometri quadrati e consentirebbero di produrre in modo continuo tutta l’energia “verde”, necessaria per prossimi decenni, riducendo l’installazione dei nuovi impianti fotovoltaici ed eolici di cui ho fatto cenno nei paragrafi precedenti. Potemmo in tal modo anche affrancarci dalla dipendenza estera per i combustibili fossili.

Sulla spinta di alcune associazioni di scienziati e movimenti politici è molto probabile che il nostro governo varerà finanzierà utilizzando i prossimi fondi del PNRR un serio programma per la  realizzazione di impianti nucleari anche sul nostro territorio.

Chiudo ricordando a coloro che dopo aver letto questo articolo saranno ancora scettici che nella vicina Francia, in passato, puntando sul “nucleare” ha ridotto in 10 anni dell’85% la produzione di energia elettrica generata da fonti fossili.

Alvaro Puglisi, ingegnere

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