Consigli per le imprese italiane interessate a investire in Turchia

Gino Costa, rappresentante in Italia dell'Ufficio Investimenti della TurchiaGino Costa, rappresentante in Italia dell'Ufficio Investimenti della Turchia

Gino Costa rappresenta in Italia l’Ufficio Investimenti della Presidenza della Repubblica di Turchia. “Esistono vantaggi per riesportare e per produrre”. L’Italia è il terzo partner commerciale, 1.500 le imprese già presenti

Villarbasse – Per raggiungere la Turchia si può partire anche da Villarbasse. È qui, infatti, la sede di Gino Costa, rappresentante in Italia dell’Ufficio investimenti della Presidenza della Repubblica di Turchia, una struttura strategica che risponde direttamente al Capo dello Stato. «Dopo 37 anni in gruppi internazionali dell’automotive – racconta Costa – dalla Cina ai Balcani, e poi in Turchia, Egitto e Gran Bretagna, a fine 2015 ho iniziato un’attività di consulenza in Italia e all’estero nell’ambito dell’organizzazione aziendale orientata all’internazionalizzazione». Dal 2018 lavora per far conoscere quali opportunità esistano per le aziende italiane in Turchia.

 

Qual è lo scenario economico e industriale?

«La Turchia è la tredicesima economia al mondo, il prodotto interno loro è cresciuto del 300 per cento negli ultimi 15 anni,  l’industria è sviluppata, la rete di infrastrutture è molto avanzata, sia stradale che ferroviaria, e opera una delle più grandi compagnie aeree del mondo, con 310 destinazioni passeggeri e 87 cargo, e dunque è anche un hub per le aziende europee, ad esempio verso l’Iran e i paesi caucasici».

 

La Turchia è uno snodo strategico anche per l’energia.

«Il piano energetico ha puntato molto sul transito delle fonti energetiche; ci sono gasdotti e oleodotti che attraversano la Turchia per raggiungere l’Europa, ed è un punto fondamentale della loro politica. Ci sono grossi progetti sulle energie rinnovabili, soprattutto per l’eolico, e sulle centrali nucleari».

 

Perché un imprenditore italiano dovrebbe investire in Turchia?

«È un vantaggio riesportare ed è un vantaggio produrre, perché i costi dell’energia sono notevolmente bassi, all’incirca un decimo di quelli italiani, mentre il costo della manodopera è di circa 5 euro all’ora, con tecnici molto qualificati; ogni anno ci sono 840mila nuovi laureati e più di 500mila diplomati nelle scuole tecniche professionali. La popolazione ha un età media di 31 anni, quindi è produttiva, giovane e dinamica. Infine, da un anno a questa parte la valuta (la lira turca) è fortemente svalutata».

 

Quante imprese italiane operano oggi in Turchia?

«C’è una presenza forte, con circa 1.500 aziende.  La Turchia è il nostro terzo partner commerciale, ancora fortemente sbilanciato sulle esportazioni, e l’anno scorso l’Italia è stato il terzo paese investitore con oltre 500 milioni di dollari; anche la Cornaglia di Villarbasse ha una fabbrica in Turchia, e dunque sono presenti anche aziende di medie dimensioni e non solo i grandi gruppi. I settori più rappresentati sono l’automotive, la meccanica e l’agroalimentare».

 

Eppure per i non addetti ai lavori la Turchia è oggetto di diffidenza e preoccupazione.

«La percezione diffusa è molto negativa rispetto a quanto non fosse sei o sette anni fa. Un tempo c’era molto interesse a tutti i livelli; oggi c’è ancora, ma solo da parte di chi conosce la realtà industriale del paese, mentre c’è molto timore da parte di chi non la conosce. A me capita spesso di portare degli imprenditori a Istanbul; sono molto diffidenti all’inizio ma dopo le prime 24 ore cambiano completamente la loro prospettiva».

 

Qual è la situazione politica?

«Stabile. Da giugno dell’anno scorso, quando è stata approvata con un referendum la riforma costituzionale, la Turchia è una repubblica parlamentare con una forte concentrazione del potere esecutivo nelle mani del presidente. Le prossime elezioni presidenziali saranno in un anno fondamentale, il 2023, perché sarà il centenario della fondazione della Repubblica di Turchia; dunque, sia per l’anniversario che per le elezioni sono convinto che lo sviluppo del paese sarà al suo massimo».

 

La Turchia ha 82 milioni di abitanti e un territorio molto ampio, e quindi una cultura fatta di molte diversità; quali sono i tratti rilevanti nelle relazioni economiche?

«Nei paesi in cui mi trovavo ho sempre cercato di capire le diverse culture nella convinzione che si debba cercare di comunicare. In Turchia per un anno e mezzo ho cercato di capire e alla fine sono arrivato alla conclusione che c’è una logica della non logica. Ci sono dei caratteri di fondo comuni con gli italiani, come l’essere istintivi e dare importanza al rapporto umano; di conseguenza, molti affari si fanno sulla base della simpatia. Non è difficile negoziare, anche se non bisogna mai pensare di avere davanti un tedesco che non sa il significato della parola “sconto”! Prima di tutto bisogna stabilire un rapporto di fiducia».

 

Qual è il peso della religione nella società?

«La risposta è diversa nel tempo e nelle zone. La Turchia moderna è uno stato essenzialmente laico; la religione prevalente è l’Islam ma sono ammessi tutti gli altri culti. La vita di tutti i giorni è un po’ cambiata; quindici anni fa a Istanbul erano in pochi a rispettare il mese del digiuno, oggi sono tanti. L’abbigliamento è totalmente libero, ci sono molte più donne velate ma anche le ragazze in minigonna».

 

Quali iniziative organizzate per le imprese italiane?

«Il mio lavoro consiste nel far conoscere in vario modo la realtà industriale ed economica della Turchia, per interessare le aziende a “metterci il naso”, magari iniziando a esportare e poi investendo. L’anno scorso abbiamo organizzato con l’Unione Industriale di Torino una giornata sull’automotive e a febbraio di quest’anno un evento a Milano con l’Ice (Istituto per il commercio estero). In questo mese di giugno abbiamo quattro eventi: il 18 a Roma con l’Ambasciata di Turchia, il 21 a Pesaro con la Camera di Commercio delle Marche e l’Ice, il 25 a Treviso con il Salone d’Impresa, e il 26 al Kilometro Rosso di  Bergamo con Anfia (associazione filiera industria automobilistica) per presentare l’industria automotive turca, che sta per superare i due milioni di veicoli prodotti all’anno; a questo appuntamento è stato invitato  anche il direttore acquisti di Ford Turchia».

 

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